Real Madrid – Manchester City

Soffro di insonnia selettiva. Mi spiego. L’insonnia sceglie lei quando visitarmi e poi si ferma lì. Talvolta scompare, spesso lo fa di giorno, lasciandomi in uno stallo molto prossimo al rincoglionimento. Ne ho provate tante, nel corso degli anni, per allontanare l’insonnia selettiva. Ha vinto lei, e da sportivo quale mi ritengo, credo di essere in grado di riconoscere il valore dell’ammissione della sconfitta. Da qualche anno scrivo sui giornali, e mentre insonne pensavo, mi chiedevo se quanto pensassi potesse essere oggetto di un editoriale, o di un articolo. Non lo so. Però ho il mio sito, e quanto pensavo lo scrivo qui, mentre l’insonnia selettiva festeggia sobria la propria vittoria sulle mie strategie incapaci di sconfiggerla. Al massimo, qualche volta pareggio. E rispetto l’avversario.

Parole di sport

Ieri sera ho visto una gran bella partita di calcio, Real Madrid-Manchester City 3-3. L’ottimo Riccardo Cucchi l’ha descritta così: “La fase difensiva è importante. Ma lo è di più quella offensiva. Nessuna ossessione tattica e grande qualità tecnica individuale. Aggiungiamo una percentuale di precisione nei passaggi che sfiora e supera il 90% e l’assenza di sceneggiate. Ed esce #RealMadridManchesterCity“.

Questa sintetica descrizione, certo efficace, non mi convince. Un maestro del giornalismo sportivo, Sergio Tavcar, da qualche parte ha scritto di come sia impossibile seguire una partita di uno sport che ti piace senza parteggiare per una delle due squadre. Sono d’accordo, forse io scriverei che è “quasi” impossibile, ma poco cambia. Io ieri sera ho tifato convinto Manchester City. Perché di sceneggiate ne ho viste, tutte protagonista il Real. Giocatori che a gesti insultavano l’arbitro, che simulavano falli e infortuni inesistenti, che alzavano gli occhi al cielo per denunciare mai commessi delitti di lesa maestà. Le solite cose, spiace scrivere. Da Manchester, invece, nulla di tutto questo. E dunque speravo che vincesse chi le sceneggiate non fa, perché a mio parere sarebbe giusto così. Lo sport, però, raramente è giusto. Almeno, non lo è per il senso che io do al concetto di giustizia sportiva. Hanno pareggiato, poi chi davvero vincerà si vedrà alla fine della partita di ritorno. Servirebbe smettere di tollerare certi atteggiamenti. Un calciatore simula cercando di perdere tempo o di fare ammonire un avversario? Ammonito. Un calciatore manda l’arbitro a quel paese e lo fa palesemente? Ammonito. Espulso, se persevera. Se poi si finisce in otto, bene così, impareranno. C’è dell’altro. A mio parere il Real ha giocato una partita poco corretta, intimidatoria. Mani addosso agli avversari, fisicità estrema, nel senso di sconfinante con l’irregolarità. Poi è una squadra piena di giocatori forti, e per questo fanno in campo un sacco di belle cose. Ma l’atteggiamento non è stato bello. È stato brutto. Per questo ho tifato Manchester, istintivamente e non per partito preso. Ho evidentemente scelto di omaggiare il mio senso di giustizia sportiva. Che sta prendendo il sopravvento sul tifo da stadio, un po’ mi dispiace. Perché la sera prima ho guardato, sempre alla TV, Udinese-Inter. Ed è stato tutto così brutto che mi sono trovato a non dispiacermi neppure per la sconfitta della mia squadra del cuore. Arrivata, come si scrive nel giornalismo sportivo, “in pieno recupero”.

Non lo so, se questo – chiamiamolo così – articolo avesse potuto trovare posto in uno dei giornali con i quali collaboro. Credo di no. C’è troppo io, c’è troppo mio, dentro.