Machina Sapiens

Seconda puntata del ragionamento su storia e Intelligenze Artificiali. Ripropongo qui il testo dell’editoriale che ho scritto per il quotidiano “Il T” e che è stato pubblicato sabato scorso 13 aprile 2024. Un ringraziamento, come al solito, va al direttore del quotidiano Simone Casalini per il permesso alla pubblicazione sul mio sito.

Nel 2023 è successo qualcosa di nuovo: ci siamo sorpresi a conversare con macchine digitali che rispondevano a tono e con cognizione di causa, come scrive Nello Cristianini (professore di intelligenza artificiale all’Università di Bath, originario di Gorizia) nelle pagine iniziali del suo libro Machina Sapiens. L’algoritmo che ci ha rubato il segreto della conoscenza (il Mulino, 2024). È plausibile che gli storici del futuro – ha affermato Cristianini in una recente intervista – riconoscano il 2023 come l’anno in cui c’è stato un cambio di paradigma a proposito della nostra conoscenza dell’Intelligenza Artificiale. 

Cosa significa, però, “cambio di paradigma”? Dobbiamo la definizione del concetto a Thomas S. Kuhn, un eminente storico e filosofo della scienza, che nello splendido lavoro intitolato La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962, la prima edizione italiana fu di Einaudi nel 1965) descrisse il “cambio di paradigma” come una trasformazione radicale nei fondamenti concettuali e nelle pratiche di una disciplina scientifica o di un campo di ricerca. In altre parole, un cambio di paradigma rappresenta una rivoluzione nella visione del mondo e nei metodi di indagine adottati dagli studiosi in un determinato ambito della conoscenza. Una rivoluzione simile la stiamo vivendo nel nostro rapporto con l’Intelligenza Artificiale, come spiega Cristianini nelle tanto scorrevoli quanto dense pagine del suo ultimo libro, ragionando di ChatGPT e dei “suoi molti cugini”.

Prima di addentrarci nel ragionamento su Machina Sapiens e su alcune delle sue tematiche, dobbiamo però chiederci chi sia ChatGPT. La risposta efficace la fornisce lo stesso autore: “è un abile conversatore” che però ambisce a diventare qualcosa di più, “un oracolo a cui chiederemo informazioni e consigli su una varietà di argomenti diversi, dalla medicina alla giurisprudenza”. E per descrivere a quale tappa si sia arrivati in questo percorso, lo scienziato utilizza una metafora di grande efficacia: “Al momento [Chat GPT] si comporta come un decatleta: non batte i campioni in alcuna specialità, ma si qualifica tra i primi in tutte”.

Il punto di partenza del ragionamento di Machina Sapiens è il test di Turing (matematico e informatico inglese scomparso nel 1954), chiamato dal suo ideatore “il gioco dell’imitazione”, The Imitation Game. Secondo Turing, avremmo potuto definire pensante la macchina quando saremmo riusciti a costruirne una in grado di conversare con un essere umano, senza che l’essere umano si rendesse conto di conversare, appunto, con una macchina. ChatGPT questo test sembra averlo superato. Senza però attribuire ad altri convinzioni che sono invece nostre, proviamo a chiederlo a lei (o a lui), che ne pensa.

Domanda: “Chat GPT, tu hai superato il test di Turing?”.

ChatGPT: “Il test di Turing è progettato per valutare l’intelligenza delle macchine in base alla capacità di indurre in errore un osservatore umano durante una conversazione. Come intelligenza artificiale, io non ho una coscienza o una comprensione autonoma del mondo come la ha un essere umano, quindi non posso partecipare al test di Turing in modo tradizionale. Tuttavia, il mio scopo è di fornire risposte coerenti e pertinenti alle domande che mi vengono poste, il che può contribuire a simulare una conversazione umana”.

ChatGPT nel dare questa risposta, ammettiamolo, si sottovaluta, perché già prima del cambio di paradigma del 2023 abbiamo in realtà “digerito il fatto che i modelli di linguaggio come GPT acquisiscono anche una conoscenza del mondo, che consente loro di poter interagire con noi e conversare su diversi argomenti”, come scrive Cristianini. Una delle grande domande poste dal suo libro, tutte bellissime e stimolanti, è dove ci porterà questa consapevolezza, in che modo determinerà il nostro futuro. Non lo sappiamo, e questa mancata conoscenza è un meraviglioso presupposto per lo scienziato: significa che per lei o per lui c’è un sacco di lavoro da fare. Ci aspettano tempi assai stimolanti, e c’è da essere d’accordo con Cristianini quando si dice ottimista sul futuro della conoscenza, perché laddove si aprono nuove strade è plausibile pensare che in molte e molti si metteranno in cammino pieni di voglia di farlo, disposti a conoscere. 

Come immaginare questi tempi assai stimolanti? Seguo volentieri il suggerimento dello scienziato goriziano nell’immaginarli caratterizzati dal tentativo di costruire una relazione con queste macchine. Comprendere il mondo oggi significa anche cercare di capire il nostro rapporto con le Intelligenze Artificiali. Uso il plurale e le iniziali maiuscole per due ragioni: la prima è che mi interessa mettere in evidenza quel “non lo sappiamo” scritto poche righe sopra; il plurale mi consente di tenere più porte aperte, di non immaginare per le Intelligenze Artificiali una forma identitaria, ma tante, tantissime; plurali. La seconda è che voglio sottolineare una delle tante interazioni necessarie tra il nostro sapere e il loro, quella del linguaggio. È e sarà, io immagino e credo, attraverso un confronto linguistico che riusciremo a costruire una relazione virtuosa con le macchine. Non sottovalutiamo il potere e il piacere della parola.

In conclusione, ammetto che anche lo storico del presente guarda al 2023 e all’emergere di ChatGPT come a un momento identificabile in un cambio di paradigma. Almeno, così ragiona quello storico del presente che ha appena finito di scrivere un editoriale per “Il T”.